Qwst stirava. Sullo sfondo quel documentario che guardava con superficialità. Sigaretta in bocca e il bicchiere di vino a portata di mano, si accaniva su quelle maledette camice, che non ne volevano sapere di rispettarlo.
"Furono pochi gli elefanti di Annibale che riuscirono a passare le montagne..."
Pensava a quando guardava da bambino sua madre stirare, a quel ferro che scivolava come se fosse oleato, a quella canzone fischiettata con amore, al solito richiamo "vieni ad abbottonarmi le camice", che lo infastidiva perché lo distoglieva dai suoi giochi ma che lo avrebbe infastidito altrettanto se non fosse arrivato.
"Questa sera parliamo di cucina con la birra..."
Pensava alle bruciature sulle mani nodose di quella donna che lo aveva messo al mondo, mani capaci di essere dure nelle percosse e dolci al contempo, non nelle carezze, rare da un certo punto in poi, ma nel fare i nodi di una busta ricca di provviste, nello stringere il tappo dei barattoli di sugo, nel massaggiare con olio un torcicollo... anche quando giunse la malattia, che quelle mani trasformò in fonte di dolore.
"Straordinaria la Valle dei Templi di Agrigento..."
Pensava ai pochi viaggi di quella donna, per lo più in occasioni di visite mediche e funerali, e anche quando erano eventi lieti, sempre macchiati da quella strana ostinazione del dover per forza trovare il brutto di ogni cosa. Gli vennero in mente episodi comunque da ricordare... la paura di un traghetto, una persona a cui si ricambiava il saluto facendo finta di conoscerla, una gita tramandata nei racconti...
"Sono sempre più i donatori di organi in Italia..."
Pensava alla fatica di una vita, alle occasioni mancate, a un marito particolare, alle liti con una scopa, a quella parola di troppo che feriva, e a quella mancante, che feriva allo stesso modo, alle lacrime in una proclamazione di laurea, alle notti in un lettone restio ad accoglierlo, ai consigli dati dall'alto di un'ignoranza "pratica", a una solitudine atavica, alle mille e una sofferenze di una vita che avrebbe meritato di essere riconosciuta come "migliore"...
Arbore lanciò all'improvviso un "benvenuti a quelli della notte", una sorta di amarcord come quello in cui i pensieri di Qwst erano caduti..
Le maledette camice continuavano a non volerne sapere. Forse aveva bisogno di un po' d'amido... o forse semplicemente di mettere in pratica quello che aveva imparato. E continuò ad affrontare le pieghe di una notte ancora troppo lunga...
a.t.
domenica 28 aprile 2013
domenica 21 aprile 2013
PAROLE AL VENTO/15 - "Stimoli e anestesie"
Qwst si svegliò con uno strano benessere addosso, come da diverso tempo ormai più non capitava. La lotta contro l'insonnia e l'irrequietezza notturna con la quale conviveva da mesi quel mattino non faceva sentire il suo peso. Forse la piacevole serata trascorsa in compagnia stava facendo sentire il suo lascito positivo. Giacché anche quella piccola menzogna, che lo aveva fatto addormentare con una specie di ombra sul suo animo tracimante sensazioni, gli sembrava ora, alla luce del sole, quel che realmente era, un veniale peccato di orgoglio. Non era vero che l'aveva osservata mentre pagava alla cassa. Gli era sfuggito. Per quanto lui coltivasse queste strane abitudini, queste insolite "passioni", in quell'occasione se l'era persa. Distratto in quel momento da chissà quale dei suoi soliti pastrocchi mentali, forse perso a osservare i capelli di quello strano tipo. Ma lì per lì non aveva saputo confessarglielo. Aveva preferito proseguire nel gioco del "non te lo voglio dire", per non sembrare del tutto idiota.
Ma il mattino fa sempre osservare tutto con un'ottica diversa e di solito le ombre tendono a svanire. E quella era svanita. Perché tutto il resto di lei e di quella serata Qwst non se l'era perso. Sorrise.
Sorrise ripensando a quello sguardo intenso, genuino, a tratti da bambina. Come da bambina erano alcune espressioni a cui quello sguardo faceva da cornice. Uno sguardo che rivelava mondi altri rispetto all'apparente inaccessibilità che in altri contesti ella dimostrava. Uno sguardo che rivelava, senza vergogna, quei fantasmi che spesso ci accompagnano. Fantasmi fatti di fragilità, di insoddisfazioni e di sogni a volte irrealizzati, proibiti.
Sorrise perché si era dimostrata aperta al confronto. Caso raro, almeno per Qwst che quotidianamente si scontrava con persone in cui non riusciva a vedere altro che alterigia e superbia, davanti alle quali si sentiva sempre in una condizione di inadeguatezza o sottomissione.
Sorrise immaginandola presa nella letteratura di quel bestseller. "Bisogna leggere tutto senza pregiudizi" aveva detto. Cavolo, quante volte Qwst lo aveva pensato nelle sue letture e quante volte aveva evitato di parlarne ad altri, quasi se ne dovesse vergognare. Finalmente aveva capito che non ne aveva motivo.
Sorrise al pensiero di quella tosse, che le impediva a tratti di parlare ma che almeno le aveva permesso di rubargli pian piano il suo cocktail, contro ogni buon proposito di non bere.
Ma Qwst sorrise soprattutto per se stesso. Si rese conto di una cosa a cui lì per lì non aveva dato peso. La semplice presenza di lei, il semplice essere lì a chiacchierare, a scambiarsi impressioni, discutere su un libro, su un lavoro amato e odiato, su una batteria troppo rumorosa, gli aveva fatto praticamente dimenticare di aver perso quei maledetti documenti, carte e tessere da cui la nostra vita oggi è così dipendente. Se fosse capitato in un altro momento, Qwst avrebbe dato di matto, si sarebbe abbandonato alla disperazione. Invece in quel momento non gli interessava di nulla, se non di quell'angolo di locale.
Aveva avuto la sua dose di anestesia alla paranoia.
"Ci sono ancora persone in grado di farti stare bene" si disse Qwst. E si alzò con quel sorriso verso una nuova giornata di routine...
a.t.
a.t.
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