mercoledì 10 luglio 2013

AL LUNGOFIUME BOULEVARD É COVATTA SHOW - Risate a non finire e tanti spunti di riflessione per lo spettacolo del comico napoletano




di ANDREA TRAPASSO



COSENZA - «Se non fai parte della soluzione fai parte del problema». Una preghiera finale, quasi un monito affinché ciascuno di noi rifletta sul ruolo che l’uomo ha nel mondo e su quanto dalla sua azione dipenda la distruzione o meno del pianeta che abitiamo. È con questa frase che si è concluso lo spettacolo di Giobbe Covatta al Lungofiume Boulevard di Cosenza, per un sabato sera all’insegna delle risate travolgenti ma anche di una spietata autocritica su quello che l’essere umano e la società sono diventati oggi, negli anni Duemila. E in quella frase, in cui il comico napoletano abbandona l’ironia e la verve comica che avevano caratterizzato l’ora e mezza di monologo per essere direttamente incisivo, sta racchiusa l’essenza di tutto lo spettacolo che ha richiamato in riva al Crati centinaia di spettatori.

Diversamente da quanto preannunciato, nella versione cosentina del “Recital” di Covatta, c’è poca Africa, quello che è uno degli argomenti più cari all’artista partenopeo. Il filo conduttore è invece quello del riscaldamento globale e della distruzione del pianeta, problematica non di poca importanza al giorno d’oggi. È intorno a questo tema che Covatta ha deciso di proporre la sua arguta analisi dell’uomo di oggi, tracciando un profilo a 360 gradi della società moderna. Il tutto senza abbandonare la sua travolgente comicità, fatta di figure e descrizioni grottesche, di situazioni esilaranti, di dialoghi simulati tra personaggi, reali e non, la cui maschera di ilarità nasconde un volto fatto di meschinità  e contraddizioni. Il tutto condito da un linguaggio colorito, ma mai volgare, e della cadenza napoletana del comico che già di per sé non può non strappare un sorriso. Nessuna sbavatura, nessun “buco” nella lunga esposizione di  Covatta. Tutto funziona e si incastra alla perfezione. Il pubblico non smette una attimo di ridere, gli applausi in corso d’opera non si contano.

Siamo nel 2113, in una Terra sull’orlo della fine, il nipote dell’ormai defunto Giobbe Covatta, ha per le mani il diario del nonno che descrive la situazione  dei vari decenni passati. Intorno a questo canovaccio abbastanza semplice, il comico costruisce la sua critica all’agire dell’uomo e l’analisi del problema ambientale, che tra effetto serra, immondizia e disboscamenti vari stanno portando all’innalzamento della temperatura globale, allo scioglimento dei ghiacci e all’aumento del livello dei mari («non dovremmo più spostarci per andare al mare – ironizza Covatta – ma è lui che verrà da noi, problema risolto»). Covatta non si risparmia, affrontando tutti gli aspetti dell’uomo e delle sue abitudini . Non mancano i riferimenti alla situazione politica italiana, dagli “affari” berlusconiani di Villa Certosa, all’omofobia della Lega e di Bossi (“colui che odia gli stranieri”) al quale l’artista dedica una poesia attribuita a Brecht (la celebre”Prima vennero”).  Non manca l’analisi del problema del lavoro (“che serviva nel 2020 solo a onorare il mercato”) e, appunto, di un mercato che “ci seppelliva di oggetti inutili” e in cui l’iPhone 5 (“progettato apposta per rompersi dopo sei mesi”) è lo status symbol per eccellenza; la deriva della sanità, con la tragicomica avventura di un anziano tra ospedali e pronto soccorso, che finisce per essere lasciato al suo destino nel corso di una colonscopia perché, proprio in quel momento, era scattato lo sciopero dei medici; per finire alla questione ambientale,  tra raccolta differenziata, alberi tagliati e accordi non rispettati. Come il Protocollo di Kyoto, non firmato proprio dagli americani (“sempre bravi a rompere i c...”), responsabili di quasi il 40% delle emissioni di ossido di carbonio mondiali.

Ed ecco che è proprio Dio costretto a intervenire rimandando suo figlio Gesù sulla Terra a controllare la situazione. In questa parodia, che sembra richiamare i dialoghi biblici di “Parola di Giobbe”, si raggiunge, forse, il picco della serata. Con Gesù che rifiuta inizialmente di ritornare sulla Terra (vista la “passata esperienza”), e poi, costretto da Dio, compie il passo e giunto tra gli uomini cerca di parlare col suo “rappresentante in Terra”. È una guardia svizzera a fermarlo e quando “osa” presentarsi come figlio di Dio, questa lo sbatte in galera. Non più crocefisso, dunque, ma condannato all’ergastolo, e quando ritorna al cospetto del Padre dopo novant’anni di prigione, descrive il declino della Terra.

Se «la missione dei comici è quella di far divertire il pubblico senza impedirgli di pensare», come sostiene lo stesso Covatta, il pubblico di Cosenza ha ricevuto, sabato sera, una buona dose di entrambe le cose: risate e riflessione.  Di sicuro ci sarà qualcuno in più che avrà capito che se non fa parte della soluzione fa parte del problema.

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