domenica 2 settembre 2012

ABATE STRACCIA TUTTI - Il Campiello è suo con "La Collina del vento"



di MITA BORGOGNO
CON quaranta punti di distacco, questa volta, Carmine Abate non fallisce il colpo e il suo La collina del vento si porta a casa l’ambito Campiello. La prima volta, nel 2004 con La festa del ritorno, lo aveva solo sfiorato entrando  tra i cinque  finalisti del premio letterario promosso da Confindustria Veneto. Questa volta la  Vera da Pozzo è sua.

Con la sua saga di una famiglia “davvero speciale” raccontata ne La collina del vento (edito da  Mondadori), il figlio di emigranti, partito da  Carfizzi, una piccola comunità italo - albanese  nel Crotonese, che conserva la lingua arbëreshë, gli usi e le tradizioni dei padri,  è il supervincitore della cinquantesima edizione del Premio Campiello con 98 voti, 40 più di Francesca Melandri che con Più alto del mare (Rizzoli) ne ha avuti 58. Più volte durante lo spoglio, la scrittrice, vestita con un abito cucito dalla figlia quindicenne, ha viaggiato di pari passo con Abate. Un pari merito risoltosi nel finale con lo stacco in volata di Abate. 
«Dedico il premio a mia moglie e ai miei figli» ha detto Abate stringendo fra le mani la Vera da Pozzo, simbolo del Campiello, e con emozione ha aggiunto: «In questo cinquantenario del premio è una esponsabilità ancora più  grande scrivere storie non solo intriganti ma impegnate come questa. Mi sembra tutto un sogno. Un po’ me lo aspettavo, ma non questo grande distacco».  «Tutto è andato oltre ogni rosea aspettativa» ha sottolineato lo scrittore, che è emigrato in Germania con la famiglia e ora vive a Trento e dice di sentirsi un «autore multiculturale».

La storia  raccontata ne La collina del vento è la storia di cento anni di resistenza ai soprusi attraverso la saga di una famiglia calabrese, gli Arcuri, che vivono su una collina che nasconde molti misteri e che per più di un secolo assistono a nascite e morti, amori e ferite. «È una famiglia rara, che ci fa sperare - dice lo scrittore - penso sia per questo che il libro è molto piaciuto». Con la vittoria di Abate è grande la festa anche per la Mondadori che dopo Alessandro Piperno, vincitore del Premio Strega, si è aggiudicata così in una sola annata anche l’altro più ambito premio letterario italiano.  
Dopo Francesca Melandi, il terzo classificato è stato il sardo Marcello Fois con Nel tempo di mezzo  (Einaudi), 49 voti, che nel corso della serata ha voluto ricordare i minatori del Sulcis. «Sono figlio unico ma ho molti fratelli che sono sottoterra e non sono morti» ha detto Fois.
Al quarto e ultimo posto i due giovani autori di questa edizione: Marco Missiroli con Il senso dell’elefante (Guanda), 36 voti e il veneziano Giovanni Montanaro con Tutti i colori del mondo (Feltrinelli), 32 voti.  Premio alla carriera è andato a Dacia Maraini, che ha parlato del valore della letteratura come testimonianza. «La letteratura non può cambiare il mondo, può aiutare a capire meglio dove stiamo andando. È importante - ha detto la scrittrice - lavorare con la memoria. Non mi sembra che la letteratura sia in crisi come la situazione economica. È in buone condizioni».
La giuria dei Trecento Letterati  (hanno votato in 273) era composta da 22 casalinghe, 50 imprenditori, 92 lavoratori dipendenti, 76 liberi professionisti e rappresentanti  istituzionali, 36 pensionati e 24 studenti e fra i giurati noti c’erano Samuele Bersani, Paolo Guzzanti e Gaetano Pesce. Tra gli altri  ospiti della serata Arisa (che ha cantato la Notte), Gigliola Cinquetti e Anna Valle.
È andato, invece, alla 19enne ravennate Martina Evangelisti con Forbici il  “premio giovani” del Campiello. Il riconoscimento, assegnato ieri premia così una scrittrice  che già l’anno scorso, con “Rose Rosse”, era nella cinquina finale. La serata finale del premio, tenutasi  al Teatro La Fenice di Venezia,  è stata trasmessa su Rai1 e condotta da Bruno Vespa. 


Fonte: Il Quotidiano della Calabria del 2 settembre 2012

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