Qwst si svegliò con uno strano benessere addosso, come da diverso tempo ormai più non capitava. La lotta contro l'insonnia e l'irrequietezza notturna con la quale conviveva da mesi quel mattino non faceva sentire il suo peso. Forse la piacevole serata trascorsa in compagnia stava facendo sentire il suo lascito positivo. Giacché anche quella piccola menzogna, che lo aveva fatto addormentare con una specie di ombra sul suo animo tracimante sensazioni, gli sembrava ora, alla luce del sole, quel che realmente era, un veniale peccato di orgoglio. Non era vero che l'aveva osservata mentre pagava alla cassa. Gli era sfuggito. Per quanto lui coltivasse queste strane abitudini, queste insolite "passioni", in quell'occasione se l'era persa. Distratto in quel momento da chissà quale dei suoi soliti pastrocchi mentali, forse perso a osservare i capelli di quello strano tipo. Ma lì per lì non aveva saputo confessarglielo. Aveva preferito proseguire nel gioco del "non te lo voglio dire", per non sembrare del tutto idiota.
Ma il mattino fa sempre osservare tutto con un'ottica diversa e di solito le ombre tendono a svanire. E quella era svanita. Perché tutto il resto di lei e di quella serata Qwst non se l'era perso. Sorrise.
Sorrise ripensando a quello sguardo intenso, genuino, a tratti da bambina. Come da bambina erano alcune espressioni a cui quello sguardo faceva da cornice. Uno sguardo che rivelava mondi altri rispetto all'apparente inaccessibilità che in altri contesti ella dimostrava. Uno sguardo che rivelava, senza vergogna, quei fantasmi che spesso ci accompagnano. Fantasmi fatti di fragilità, di insoddisfazioni e di sogni a volte irrealizzati, proibiti.
Sorrise perché si era dimostrata aperta al confronto. Caso raro, almeno per Qwst che quotidianamente si scontrava con persone in cui non riusciva a vedere altro che alterigia e superbia, davanti alle quali si sentiva sempre in una condizione di inadeguatezza o sottomissione.
Sorrise immaginandola presa nella letteratura di quel bestseller. "Bisogna leggere tutto senza pregiudizi" aveva detto. Cavolo, quante volte Qwst lo aveva pensato nelle sue letture e quante volte aveva evitato di parlarne ad altri, quasi se ne dovesse vergognare. Finalmente aveva capito che non ne aveva motivo.
Sorrise al pensiero di quella tosse, che le impediva a tratti di parlare ma che almeno le aveva permesso di rubargli pian piano il suo cocktail, contro ogni buon proposito di non bere.
Ma Qwst sorrise soprattutto per se stesso. Si rese conto di una cosa a cui lì per lì non aveva dato peso. La semplice presenza di lei, il semplice essere lì a chiacchierare, a scambiarsi impressioni, discutere su un libro, su un lavoro amato e odiato, su una batteria troppo rumorosa, gli aveva fatto praticamente dimenticare di aver perso quei maledetti documenti, carte e tessere da cui la nostra vita oggi è così dipendente. Se fosse capitato in un altro momento, Qwst avrebbe dato di matto, si sarebbe abbandonato alla disperazione. Invece in quel momento non gli interessava di nulla, se non di quell'angolo di locale.
Aveva avuto la sua dose di anestesia alla paranoia.
"Ci sono ancora persone in grado di farti stare bene" si disse Qwst. E si alzò con quel sorriso verso una nuova giornata di routine...
a.t.